Rievocazione storica del 16 e 17 settembre 2023


Partenza. Foto ricordo 4

Il 16 e 17 settembre 2023 Scorrano si è tuffata nel passato, precisamente nel 1291, rievocando la presa di possesso del feudo da parte di Petrus De Noha, suffeudatario nominato da Carlo II d’Angiò.Le due giornate sono state ricche di eventi ... (Clicca sull'immagine per leggere l'articolo)

Trailer "Rievocazione medievale del 16-17 settembre 2023"

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Programma Rievocazione medievale del 16 e 17 settembre 2023 (clicca per scaricarlo)

locandina finale

31 agosto 2023. Palazzo Adorno - Conferenza stampa

27 dicembre 2022 e 3 gennaio 2023

manifesto 27 dicembre e 3 gennaio

3 dicembre 2022: serata in ricordo di Gino Rizzo

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28 e 29 maggio 2022 - Tesori nascosti di Puglia -

tesori nascosti

25 aprile 2022 - Di paese in paese

di paese in paese racconto itinerante tra i borghi unici del nostro salento

Scorrano un borgo da scoprire - Rievocazione medievale 2021

Nei giorni 20 e 21 agosto 2021 a Scorrano (Le), dalle ore 18,00 alle ore 24,00, è in programma l’evento  "SCORRANO  un borgo da scoprire - Rievocazione medievale " . La manifestazione, giunta alla quarta edizione, prevede...  (leggi tutto)

 

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Territorio e popolamento antico.

La penisola salentina, che costituisce la parte meridionale della Puglia, si sviluppa in direzione sud, sud - est verso la costa orientale dell'Adriatico e le isole greche e rappresenta, oggi come nell'antichità, il ponte naturale tra l'Oriente e l'Occidente. La morfologia del suo territorio, che si estende geograficamente alle attuali province di Lecce Brindisi e Taranto, è caratterizzata dalla presenza di modesti rilievi collinari, denominati serre, intervallati da profondi solchi vallivi (gravine) e da pianure leggermente ondulate, che, uniti ad un clima particolarmente mite, hanno costituito le condizioni naturali ideali per l'insediamento antropico in tutte le epoche e in ogni civiltà. Presenza umana diffusa e viabilità fitta ed articolata sono gli elementi peculiari che hanno caratterizzato sempre il suo territorio. Il popolamento, quindi, ha seguito un'evoluzione insediativa agevolata dall'orografia poco elevata e dalla presenza di fonti per l'approvvigionamento idrico dovute alla complessità del fenomeno carsico ipogeo ed epigeo tipico dell'area e ad un'idrografia, anche superficiale, un tempo favorita da un discreto numero di boschi; in particolare nell'antichità e nel medioevo. L'origine di molti centri abitati nel Salento risale ad epoca antica. Le fasi storiche che caratterizzano la nascita ed il primo sviluppo dei nuclei abitativi in questa regione sono: quella messapica, la romana e la bizantina che comprendono - con pochissime eccezioni - la totalità degli insediamenti poleografici. Nel cuore della penisola salentina, sul versante occidentale della serra che da Corigliano d'Otranto si spinge sino a Castiglione, sorge il centro abitato di Scorrano. Si erge a 95 metri s.l.m. e dista dal capoluogo (Lecce) 33 km in direzione sud-est, dal mare Ionio (Gallipoli) 32 km in direzione ovest e dall'Adriatico (Otranto) km 18,500 in direzione est. Il rapporto tra presenze antropiche esistenti o rinvenute nel territorio e centro abitato scorranese non risulta direttamente correlato in tutte le epoche storiche; alcune testimonianze, infatti, precedono la nascita del paese e sono riferibili genericamente alla frequentazione umana del territorio salentino perchè appartengono a fenomeni insediativi anteriori o del tutto avulsi dall'aggregato urbano quale si è storicamente determinato. Tale fenomeno culturale precedente la nascita delle città, che nel Salento secondo le attuali conoscenze scientifiche non risalirebbero a prima dell'VIII secolo a. C. (Otranto), riguarda un periodo molto lungo che va dalla preistoria allo sviluppo della navigazione nel Mediterraneo (Roca). Le più antiche testimonianze della presenza umana sul territorio di Scorrano risalgono all' epoca preistorica quando la penisola salentina fu attraversata da popoli cacciatori e raccoglitori prima e da comunità stanziali di agricoltori dopo. Si tratta di punte di frecce, ossidiane, bulini ed altri manufatti erratici, realizzati in selce ed in calcare rinvenuti sulla serra e sulle sue propaggini, che appartengono alle diverse facies delle culture presenti nell'area salentina e che sono state documentate dai materiali depositati nel Museo Paleontologico di Maglie (intitolato, al momento della fondazione, a Gino Stasi, poi a Pasquale De Lorentiis e, attualmente, a Decio De Lorentiis) frutto delle lunghe ed appassionate ricerche effettuate agli inizi degli anni '70 del XX secolo da alcuni giovani soci del Gruppo Speleologico Salentino Pasquale De Lorentiis di Maglie.

Un ripostiglio di asce di bronzo ad occhio, con valore ponderale (Peroni), unito ad un coltello a lama triangolare, a ceramica e a pendagli di collana, rappresenta il ritrovamento antico più noto nella letteratura archeologica, riferibile all'Età del Ferro, in località Pezzate di Sant'Elia (1949). Esiste anche una grotticella -sepolcro individuata da Pasquale Maggiulli (1912) nel Bosco

della masseria Pecorara (una delle scarse reliquie dell'antico Bosco Belvedere accanto a quelle di Sant'Elia, Fanò, Calò, Silva, ecc.) ed un menhir nel fondo Cupa. Una recentissima scoperta in località Murgi di Sopra, avvenuta durante i lavori di scavo per l'installazione della rete del gas, potrebbe anticipare all'Età del Bronzo la cronologia delle testimonianze archeologiche presenti sulla dorsale scorranese aggiungendo così un nuovo importante tassello al mosaico del popolamento antico del territorio. L'impianto degli insediamenti umani nel Salento sembra risalire, con ogni probabilità, al periodo messapico e non si sarebbe modificato di molto nelle epoche successive. A Scorrano la civiltà messapica ha lasciato tracce significative in località Lucagiovanni (due epigrafi di presumibile rilevanza votiva, un frammento di trabeazione di tempio con triglifi e metope lisce) recentemente recuperate dal luogo di rinvenimento e conservate per essere studiate dall'Università di Lecce. Il sito sul quale si è sviluppato il centro abitato, non presenta testimonianze archeologiche particolarmente antiche. Questo dato potrebbe essere ricondotto a fattori di ordine diverso: insediativi (insediamento aperto: abitazioni sparse nel territorio), cronologici (la parte più significativa dell'agglomerato abitativo potrebbe essere stata inclusa all'interno della cinta muraria soltanto in epoca medievale e di quest'epoca sarebbero sopravvissuti e la maglia viaria e la Porta Terra) e naturali (un elemento peculiare del territorio scorranese, che lo ha caratterizzato fino alla metà dell'Ottocento, è stato la presenza del Bosco di Belvedere, un'estesa zona verde costituita da querce e macchia mediterranea che si estendeva nella zona centrale del basso Salento, da Tricase a Scorrano, per poi prendere, più a nord, la denominazione di Foresta di Cutrofiano. Questo bosco, che compare simbolicamente anche negli stemmi civici di alcuni paesi che lo perimetravano (Miggiano, Nociglia, Ruffano, Scorrano, Specchia, Supersano), ha rappresentato una risorsa economica molto rilevante per gli Scorranesi. Al feudo di Scorrano, infatti, apparteneva la porzione più estesa del bosco che si espandeva fino alle pendici della serra condizionandone in qualche misura, per l'evo più antico, il popolamento. La permanenza e l'integrità del bosco e l'espansione del popolamento, di volta in volta, sono stati fenomeni contrastanti che hanno condizionato le dinamiche di evoluzione della superficie territoriale e di sviluppo dell'insediamento antropico.

Origini e vicende storiche di Scorrano.

Quella che tradizionalmente viene conosciuta come fondazione di Scorrano - stando ad una leggenda letteraria di probabile origine umanistica (padre Todero, f.m.conv.) - sarebbe avvenuta in epoca romana durante la fase repubblicana quando il senato distribuisce ai veterani le terre conquistate dalle legioni e tutto il Salento viene romanizzato (Ferrari, Marciano, Tasselli, Manfredi, Arditi). E' ipotizzabile che, durante questa fase storica, l'agglomerato insediativo sia sorto come villa rustica, appartenente, probabilmente, ad un tale Scurra - praedium Scurranum - cognome, peraltro, non raro nell'Italia meridionale (G. Rholfs, Dizionario dei dialetti salentini, Galatina, Congedo, 1984, vol 11, pag. 637). La lunga fase della romanizzazione fino alla caduta dell'impero e la riconquista bizantina dell'Italia meridionale, seguita alla guerra greco - gotica, non risultano, fin'ora, documentate da particolari testimonianze ad eccezione delle labili tracce di centuriazione nell'agro e di una serie di tombe scavate nella roccia calcarenitica (banchi di pietra leccese) sulla dorsale della serra, sia in direzione nord che sud in prossimità dell'attuale centro abitato, oggi in gran parte occultate dall'espansione edilizia degli anni '70 del XX secolo. La tipologia di scavo degli invasi tombali rinvenuti - nessuno dei quali, fino a questo momento, integro - si presenta a sezione trapezoidale, col letto più largo e l'apertura più stretta; tutti orientati est -ovest col cuscino di roccia, dove era poggiata la testa del defunto, posto verso il lato corto orientale.


L'identificazione di manufatti similari, ubicati a qualche chilometro più a nord sulla stessa dorsale, in località Rose Marine, nel feudo di Maglie ed altri rinvenuti nel feudo di Morigino, (frazione di Maglie), nei fondi Scrasciti e Prefetto che hanno restituito materiale ceramico, osteologico e metallico risalente al VI secolo, ci permette di collocare la cronologia delle tombe scorranesi, per analogia, allo stesso periodo. La presenza di questi manufatti in un territorio molto esteso (località Francu, in prossimità del rione Malvicina, dietro al convento di S. Francesco d'Assisi), farebbe pensare ad un sistema insediativo aperto, forse costituito da nuclei abitativi collegati e sparsi lungo il fianco occidentale della collina che troverebbe conferma nella presenza di sepolture similari rinvenute, fuori dalla cinta urbana, stavolta unite con strutture per la conservazione di derrate alimentari piuttosto complesse e scavate nella roccia, in località Santa Maria (non sappiamo con certezza se questo toponimo sia o meno collegabile alla presenza, documentata nelle Visite Pastorali della chiesa di Santa Maria del foggiaro ) e di probabile epoca medievale. Una tale forma insediativa potrebbe essere durata per tutta l'epoca bizantina. Il nucleo, urbanisticamente più consistente, potrebbe essersi maggiormente sviluppato in prossimità della confluenza dei percorsi viari più frequentati mantenendo l'originario nome romano. La sua estensione maggiore, gli avrebbe potuto consentire di diventare un comune fiscale (Χωpíov) aggregando amministrativamente intorno a sè gli altri piccoli agglomerati abitativi. Questi ultimi avrebbero continuato ad esistere, quasi tutti, per molti secoli divenendo dei sobborghi dell'aggregato principale: Malvicina (ubicato a nord-est), San Nicola (a sud-est), Sant'Antonio (a nord-ovest) cui andrebbe aggiunto quello di Santa Maria (spostato più a sud-est ed attraversato dalla bretella di collegamento delle due grandi strade di comunicazione che correvano parallele ai piedi della serra) dalla cui area cimiteriale riviene un'epigrafe funeraria tardo bizantina del XIV secolo ("Il servo di Dio Giacomo, figlio del prete Giorgio, è morto nell'anno 6856 [=13 4 7/48). Dopo l'arrivo dei Normanni il feudo di Scorrano risulta compreso nella contea di Alessano e non in quella più vicina di Castro. Probabilmente la precedente appartenenza all'Abbazia di Santa Maria del Mito, sorta prima di quella otrantina di San Nicola di Casole, del cui territorio Scorrano e Muro rappresentavano fin dal IX secolo l'estremo limite settentrionale, potrebbe avere influenzato le vicende dell'assetto feudale impresso a questa zona della Terra d'Otranto dai conquistatori seguaci del duca Ruggero. Nell'ambito della riorganizzazione territoriale operata dai Normanni, che presidiano il Salento con fortificazioni ubicate soprattutto sulle alture per meglio controllare i feudi strappati ai Bizantini e modificano l'assetto di alcuni insediamenti preesistenti, potrebbe essere sorto il centro urbano di Scorrano con la funzione di controllo delle vie di comunicazione che collegavano le zone costiere intorno a Leuca con Lecce e il nord della Puglia ed il porto di Otranto con quello di Gallipoli fino a quello di Taranto. Questa posizione strategica ricoperta al centro del basso Salento segnerà, per tutto il medioevo, la fortuna di Scorrano che godrà di privilegi riconosciutigli da tutte le dinastie regnanti fino al tempo di Carlo V. Tale ipotesi, allo stato attuale delle conoscenze, è difficilmente suffragabile da prove documentarie in quanto il patrimonio archivistico scorranese, sia quello pubblico che quello ecclesiastico e quello privato ( che pure è stato cospicuo) è stato oggetto di saccheggi vandalici e di colpevoli disattenzioni che hanno ridotto le conoscenze sulla storia della città quasi alla sola tradizione orale che rimane una delle più ricche articolate ed interessanti dell'intera Terra d'Otranto. La fase sveva è testimoniata da Angelo e Pietro di Scorrano due signori (o militi?, rispettivamente, padre e figlio) ghibellini che parteciparono alla lotta contro gli invasori angioini e finirono impiccati sul patibolo nel 1269 nel castello di Gallipoli dopo un lungo assedio e la presa per fame della città. Le donne della loro famiglia, insieme con quelle di altri condannati furono imprigionate; Flonia, moglie di Angelo e madre di Pietro e le figlie Audisia, Mobilia e Isolda furono date in custodia a Giovanni di Matteo, sindaco di Nardò.


Il travagliato periodo angioino, come in gran parte del Salento, non risulta particolarmente documentato; fanno eccezione alcune notizie di tipo amministrativo come quella del 26 dicembre 1295 in cui Carlo d'Angiò conferma all'Università di Scorrano l'uso del territorio del feudo di Laurito o quella del 7 aprile 1376 con la quale la regina Giovanna II concede il mercato nel giorno di domenica invece del sabato. Questo privilegio verrà confermato anche in epoca aragonese, al tempo di Alfonso I che il 18 luglio 1455 proibisce a Maglie e ai paesi posti entro cinque miglia intorno a Scorrano di tenere mercato di domenica. Questi, con altri privilegi, spesso riconosciuti agli Scorranesi a danno delle città confinanti - come, per esempio, il diritto di pascolare nelle terre di Cutrofiano - o la riduzione di imposte e la sostanziale modifica giuridica del territorio da feudale in burgensatico, ci permettono di stabilire, con un buon margine di certezza, che la funzione di Scorrano nel territorio era ritenuta di particolare rilevanza da tutte le case regnanti per la sua posizione geografica strategica al centro del basso Salento. Del resto la dotazione di una cinta muraria rafforzata da ben 16 torri, tonde e quadrate inframmezzate da casematte, e da una porta d'accesso fortificata come una vera e propria macchina da guerra per la difesa della terra , successivamente seguita da altre tre porte, evidenzia chiaramente il ruolo di controllo delle vie di comunicazione e delle mercanzie che circolavano in questa zona centrale della Terra d'Otranto.

Una testimonianza indìretta di quanto affermato si può riscontrare nel 1480, durante la fase cruciale dell'occupazione di Otranto da parte dei Turchi di Maometto II capeggiati da Acmet Pascià.
Poiché le sorti del capoluogo salentino rimanevano saldamente in mano all'esercito turco, monsignor Francesco de Arenis, l'arcivescovo portoghese di Brindisi e governatore aragonese di Terra d'Otranto, si acquartierò a Scorrano con l'intento di spiare da lontano le mosse dei nemici e tentare una qualche possibile sortita. Ma, avutane notizia, il re Ferrante, da Napoli, scrisse al governatore di allontanarsi da Scorrano perché troppo esposta e le sue mura poco sicure di fronte ad un eventuale attacco turco in forze per la vetustà delle sue strutture difensive. L'assalto musulmano, comunque, si verificò e la città subì il bombardamento ed il saccheggio con molti lutti e rovine; mancavano, infatti, molti dei suoi difensori che erano gìà caduti, in numero di trecento, sotto le mura di Otranto. Dell'epopea otrantina a Scorrano rimangono, come alta testimonianza di coraggio per la difesa della patria e del suo territorio, i proiettili delle bombarde scagliate dai Turchi contro le mura e contro la città la quale, evidentemente, non possedeva difese adatte alle nuove e micidiali armi da fuoco di cui erano dotati i suoi nemici. Si trattava di quelle sfere di pietra calcarea dura ('nzalicu) che oggi decorano la facciata del Palazzo Veris, la guglia di Santa Domenica e che, fino a pochi decenni orsono, esistevano anche in prossimità delle quattro porte urbiche: Porta Terra (detta: Porta di Santa Domenica, oppure Arco di S. Domenica), Porta Falsa (o di Soccorso: Fausa), Porticella (Porticedda), Porta Nuova (Porta Nova). La paura provocata dal saccheggio ottomano a Scorrano durò per molti decenni e per più generazioni; fino al 1571, epoca della battaglia di Lepanto con la quale l'esercito cristiano sconfisse definitivamente quello turco, le campane delle chiese, in particolare quelle più vicine alle mura, venivano tolte dai campanili e conservate in casa per paura di qualche assalto turco o piratesco che le prendesse di mira perché utili da fondere come bocche da fuoco per le loro scorrerie. 


Il XVI secolo, a Scorrano, segna una fase di passaggio dal vecchio al nuovo mondo; si conclude la tenace e radicata fase del rito greco e si passa, in maniera apparentemente indolore, a quella del rito latino. All'inizio del secolo, ad eccezione del Convento di San Francesco d'Assisi, tutte le chiese sono di rito bizantino e la loro dotazione libraria comprende solo testi greci: octoechi, evangeliari, minei, triodi, ecc. Ma l'azione continua e capillare dei frati Conventuali, accompagnata, al tramonto del secolo, da quella dei Cappuccini, agevolano in forme meno traumatiche il tramonto del rito greco con grande sollievo degli Ordinari otrantini i quali avevano tentato, per secoli dopo lo scisma (almeno dall'arrivo dei Normanni), di contrastare ed eliminare in Terra d'Otranto il rito bizantino. E proprio il 5 gennaio 1601 il primo parroco latino di Scorrano, don Pietro Dongiovanni, subentrò al fratello, don Luigi Dongiovanni, ultimo arciprete greco (papas). Questa circostanza sarà gravida di molte e durature conseguenze sul piano ecclesiale e religioso, indice, comunque, di un sostanziale equilibrio raggiunto nel numeroso clero locale che gestirà, incontrastato, la vita economica e religiosa della chiesa scorranese senza sussulti, o difficoltà di sorta. La conquista spagnola, all'inizio, non apporterà grandi cambiamenti salvo la presenza, ad Otranto, di vescovi che cercheranno di imporre una più ferrea applicazione delle decisioni del Concilio di Trento promuovendo una evangelizzazione che ostacolasse abitudini e tradizioni pervicacemente legate alla religiosità italo - greca. Si moltiplicarono così le missioni popolari dei Gesuiti e dei Teatini (esisteva un'abitazione apposita per ospitare i predicatori in missione a Scorrano) accompagnate dall'azione e dalla predicazione costanti dei due conventi francescani del luogo, dalle quarantore, dalle pratiche di pietà delle Confraternite del Sacramento, del Nome di Gesù, seguite, più tardi, da quelle dei Morti, della Purificazione di Maria, del Rosario e dell'Immacolata. Insomma iniziò un pullulare di attività religiose e di pratiche caritative e sociali (Monte dei pegni) inframmezzate dal restauro e dalla costruzione di nuove chiese, cappelle, edicole devozionali, che sacralizzarono il territorio e impressero un timbro duraturo di religiosità profonda alla vita quotidiana scorranese che, per molti versi, è divenuta peculiare del modo di vivere e di pensare del popolo.

Col progressivo affermarsi del potere spagnolo, nei secoli XVII e XVIII, mediante il controllo dei riottosi e turbolenti nobili meridionali attratti a Napoli e ridotti al rango di puri cortigiani, il Salento conosce un declino irreversibile determinato, sul piano economico, dal moltiplicarsi delle nuove rotte commerciali sorte dopo la scoperta e la conquista dell'America. Le antiche vie della seta, delle spezie e tutto il commercio con l'oriente, fatto attraverso il Mediterraneo per secoli, viene meno. L'asse economico mondiale si sposta verso la penisola iberica ed il nord dell'Europa; Gallipoli soltanto, in Terra d'Otranto, resiste e con l'esportazione dell'olio di oliva conosce un certo benessere. Superate le difficoltà della rivolta antispagnola, che a Napoli e nel Salento (Lecce, Nardò e Muro, 1647) conobbe momenti di preoccupante crisi, è il clero a trarre il massimo vantaggio dal consolidarsi del potere spagnolo. Il vescovo di Lecce, Luigi Pappacoda, diviene il paladino del rinnovamento dell'architettura religiosa leccese e di quella della sua diocesi; dopo la proclamazione di Sant'Oronzo a Protettore del capoluogo e della Provincia (1658), il nuovo stile architettonico si espanderà a macchia d'olio in tutta la Terra d'Otranto. E' il barocco nella sua declinazione leccese e salentina che consentirà l'unica forma di espressione di libertà nella ricerca ed affermazione dell'identità culturale greca in uno stato ormai viceregnale e non più regno, sottoposto alla corona ispanica. In questo contesto storico e culturale Scorrano perde la sua rilevanza territoriale e si chiude in un rinnovamento apparente (cui non crederà più di tanto) limitato all'arredo o all'ampliamento delle chiese o alla stanca riproposizione di modesti edifici chiesastici sotto la spinta momentanea di qualche zelante religioso. In ambito civile l'architettura manterrà i palazzi e le dimore tardo medievali e rinascimentali; il barocco, oltretutto, risultava fondamentalmente estraneo ai sentimenti più profondi del carattere scorranese. Rimaneva certamente l'abitudine alle parazioni (documentate già nel 1549) e ai fuochi artificiali; ma si trattava di sfoggio di prestigio di fronte agli occhi dei forestieri, non era stato ancora acquisito ed interiorizzato il concetto di meraviglia. E non lo sarà per molto tempo ancora. Bisognerà attendere il risultato della nuova acculturazione controriformistica, della martellante evangelizzazione della pastorale urbana e di quella rurale (incentrate sulla famiglia come piccola chiesa domestica) espressa con parole e frasi altisonanti dai pulpiti, con riti interminabili, musica, incenso, parati e paramenti ricamati d'oro, addobbi di chiese e rinnovate sacre rappresentazioni, con la traduzione, in dialetto scorranese, di preghiere liturgiche del catechismo tridentino e, financo, di interi brani evangelici (come la Passio Domini Nostri Jesu Christi, più nota come Passiu, recitato in versi, come molte composizioni di contenuto religioso, 5
per devozione durante la Settimana Santa) che coinvolgeranno l'immaginario religioso e sentimentale popolare. Il sigillo della maturazione culturale barocca è testimoniato dalle grandi tele della Chiesa Parrocchiale - che diviene così, a tutti gli effetti, la chiesa madre - dipinte da don Giuseppe Andrea Manfredi (1659 - 1754), il maggiore artista scorranese; un prete-pittore che con la sua opera indirizzerà verso l'ortodossia teologica tridentina la pittura religiosa a Scorrano e nel Salento. La leggenda dell'apparizione di S. Domenica sulle mura per liberare il paese dalla peste segnerà lo spartiacque tra passato e futuro: il rinnovamento del culto per la protettrice, probabilmente in declino, riceve una definitiva spinta col mutamento del nome greco (Ciriaca) in quello latino (Domenica). Soltanto allora la cultura del barocco prenderà piede tra gli Scorranesi ma si esprimerà, soprattutto, negli apparati effimeri e nello sfarzo dei festeggiamenti patronali nello sforzo di dimostrare a sè stessi e agli altri che Scorrano non rinunciava alla coscienza di un passato rilevante e glorioso nel quale ancora si riconosceva e cui non intendeva rinunciare. Nel solco di questa cultura, religiosa e civile ad un tempo, sorge alla fine del Settecento l'ultima redazione architettonica, incompiuta per mancanza di risorse e per il rapido susseguirsi degli eventi politici, del Convento di San Francesco d'Assisi dei frati Conventuali che rappresenta, probabilmente meglio di ogni altro edificio scorranese, lo spirito di un'intera città. Ma siamo ormai alla fine di una parabola storica: arrivano i Francesi di Gioacchino Murat, viene posto termine al feudalesimo (che cercherà di sopravvivere con tutti i mezzi dopo il ritorno dei Borboni) e, per mancanza di una classe borghese degna di tal nome, l'ancien règime, sotto le mentite spoglie delle istituzioni, delle leggi e dei regolamenti dello stato unitario interpetrate dal bipolarismo delle due famiglie più facoltose del paese (Frisari e Veris), continua fin quasi all'avvento del fascismo. E il titolo di fascio primigenio della Provincia di Lecce sarà riconosciuto, dai gerarchi della marcia su Roma, all'amministrazione podestarile scorranese del Ventennio come un titolo di merito agli occhi del regime che, proprio a Scorrano, aveva avuto uno dei suoi più solleciti e convinti propugnatori (Luigi De Donno). (In quel periodo fu tanto l'impegno e l'attivismo politico per tacitare gli oppositori che si cercò, addirittura, di cambiare lo stemma civico: uno scudo con un rosso leone rampante in campo azzurro, sormontato in capo dal fascio littorio coronato da un ramo d'ulivo e da uno d'alloro e sottolineato da un filatterio a nastro tricolore, su fondo rosso;. Il tentativo approdò alla fase progettuale e, fortunatamente, naufragò. Rimase, solo, un disegno a china acquerellato.). Le lotte tra combattenti e fascisti, l'occupazione delle terre ed altri episodi di scarso rilievo sociale, come la nascita di un partito socialista sospettosamente numeroso all'indomani della caduta del fascismo e della liberazione, non basteranno a modificare comportamenti e scelte politiche radicate che sfoceranno nei programmi di amministrazioni civiche scarsamente disposte al rinnovamento creando le condizioni per un'emigrazione numerosa durante tutto il secolo XX.

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